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Crisi del mondo food: il problema della desertificazione

Sempre più aree geografiche stanno perdendo l’accesso al cibo sano a costi accessibili, e questo ha come conseguenza diretta il ricorso ad alimenti poco salutari, che a lungo termine possono rappresentare un problema per la salute.

Il conflitto fra Russia e Ucraina ha provocato, fra le tante conseguenze negative, un forte rialzo del costo energetico, che a sua volta ha generato nuove sacche di povertà. La pandemia, il conflitto russo-ucraino e la crisi climatica sono le cause principali di una sempre maggiore difficoltà di accesso al cibo etico, ovvero ad alimenti sani a un costo accessibile, e hanno messo ancora più in luce un fenomeno già esistente nelle zone più depresse del mondo, quello dei cosiddetti “Food deserts”, i deserti alimentari. Ma cosa significa questo termine? E perché dovremmo interessarci sempre di più a questo argomento? In che modo ci riguarda? Scopriamolo insieme attraverso questo articolo.

Cosa sono i deserti alimentari 

I deserti alimentari sono tutte quelle aree urbane in cui le persone hanno un accesso limitato a cibi freschi e sani a prezzi accessibili: un problema che riguarda milioni di persone negli Stati Uniti e che coinvolge tutto il mondo, con una sempre più estesa diffusione anche in Europa. È il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ad aver dato una definizione più precisa di questo termine: i “Food deserts” sono tutte quelle aree in cui si è costretti a percorrere più di un miglio (1,6 km) per trovare un negozio di alimentari che venda cibo sano (come frutta, verdura o pesce). Questo impedimento obbliga le persone a viaggiare per cercare delle opzioni alimentari salutari e, più spesso, per mancanza di mezzi di trasporto adeguati, a ricorrere a soluzioni più vicine, come fast food e minimarket, che vendono cibi ad alto contenuto di grassi insaturi e zuccheri. In altre parole, le persone che vivono nei deserti alimentari sono costrette a rassegnarsi a una minore varietà di prodotti, meno sani e a un prezzo molto più alto, e sono maggiormente esposte a malattie legate alla dieta come diabete, obesità e malattie cardiovascolari. 

Perché hanno chiuso i negozi?

I Food deserts sono determinati da molteplici fattori, di natura sociale ed economica. In termini generali e per sintesi, potremmo dire che le aree geografiche con maggiore probabilità di diventare deserti alimentari hanno le seguenti caratteristiche:

  • Basso reddito;
  • forti livelli di disoccupazione;
  • basso numero di negozi di alimentari che forniscono prodotti freschi e sani a prezzi accessibili;
  • scarsa consapevolezza ed educazione sull’importanza di un’alimentazione sana;
  • impossibilità pratiche di raggiungere i negozi di alimentari (per trasporti inadeguati e distanze troppo lunghe da percorrere a piedi);
  • impossibilità di ricorrere alla spesa online.

È un problema che riguarda anche l’Italia?

Il problema dei deserti alimentari sembra iniziare a interessare da vicino anche l’Italia.

La desertificazione commerciale, infatti, è un fenomeno che si sta sempre più affermando, con un passo progressivamente più sostenuto, e a esserne colpite sono soprattutto le piccole realtà locali fuori dai grandi centri abitati, così come la qualità della vita dei residenti. In particolare, sono le piccole botteghe e i negozi di vicinato, ovvero quelle realtà che garantiscono l’accesso ai beni di prima necessità alle fasce più fragili della popolazione, a rischiare di scomparire sempre di più. 

Confesercenti e Federconsumatori, che hanno tracciato un Report sull’andamento degli esercizi di vicinato negli anni prima e dopo il Covid, prevedono uno scenario futuro piuttosto drammatico e sostengono che da qui al 2025 più di diecimila negozi di vicinato potrebbero spegnersi definitivamente. Questo dato assume dei risvolti ancora più drammatici se si tiene in considerazione il fatto che la maggior parte di queste piccole realtà è a conduzione famigliare. La loro chiusura, quindi, comporta la perdita, a danno di chi le gestisce, della principale fonte di reddito. Tra i negozi che potrebbero risentire maggiormente di questa ondata desertificante, secondo le previsioni sul 2025, ci sono soprattutto le macellerie e, in forma minore, anche i rivenditori di frutta e verdura e i panifici. Oltre all’aspetto economico della desertificazione commerciale, ciò che preoccupa è il risvolto sociale: un centro urbano privo di negozi di alimentari rischia di spopolarsi perché viene a mancare un servizio fondamentale e un importante luogo di incontro. 

Come dare una risposta a questo problema?

Pandemia e stagnazione dei consumi, oggi, hanno acuito il problema della desertificazione commerciale, rendendo urgente la necessità di un intervento concreto. È importante arginare il rischio di spopolamento che coinvolge le realtà colpite dalla desertificazione e salvaguardare la qualità della vita di chi vi risiede. Per questo, come sottolinea Daniele Erasmi, presidente di Fiesa Confesercenti, servono sostegni economici a favore di tutte quelle piccole realtà che si occupano della distribuzione di beni alimentari e va posto l’accento sulla riqualificazione dei servizi commerciali primari nei piccoli centri abitati.

Inquadrando il discorso in una cornice più ampia che coinvolge lo scenario alimentare globale, il cibo ha un costo sempre più alto e, per arrestare conseguenze che nel tempo potrebbero rivelarsi disastrose, bisogna imparare a realizzarlo in modo più sostenibile. In conclusione, quindi, bisogna traghettare verso una dieta salutare e sostenibile, e per far questo servono degli incentivi economici per permettere alle aree definite “deserti alimentari” di accedere a un mercato sano.

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