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Non rinunci al dessert anche se sei sazio? La scienza ti dice il perché

“Signori, un dessert?”

Più che una domanda, una tentazione da parte del
cameriere a cui è quasi impossibile resistere. Non importa quanto sia stata
luculliana la nostra cena, uno spazio nello stomaco per gustare una fetta di torta
resterà sempre.

Bando ai pentimenti, assolviamoci per questo piccolo peccato di
gola: il cedimento verso il dolce a fine pasto ha una spiegazione scientifica.

La varietà della pasticceria non è la spiegazione

Dolci al cucchiaio, da forno o piccola pasticceria. La varietà dei dessert proposti nei
ristoranti italiani, di per sé, basterebbe a farci cadere in tentazione. In realtà, la
questione è ben più complessa – tanto da essere stata oggetto di ricerche
universitarie – e nulla ha che a vedere con la molteplicità delle nostre torte.

Il desiderio di un dessert non ha a che fare con la golosità

Nemmeno la golosità è la risposta al nostro iniziale quesito. Se è pur vero che un
po’ di zucchero funge da coccola serale, è altrettanto assodato che questo accade
in momenti particolarmente stressanti o tristi. La voglia di dessert al ristorante,
invece, non manca anche dopo una cena in buona compagnia, che non ci ha fatto
mancare niente, in termini affettivi oltre che nutrizionali.

È la conseguenza di un fatto evolutivo

Sazi o meno, riuscire a mangiare il dessert è la reminiscenza di un fatto evolutivo
importante. Proprio come facevano i nostri avi, se ci troviamo in determinate
situazioni, riusciamo a sforzarci per predisporre un piccolo (o grande) “spazio
supplementare” nello stomaco. Andiamo per ordine. Il primo dottore a indagare
sull’influenza che hanno alcuni sapori e profumi nell’entroito calorico è stato nel
1956 il neurofisiologo francese Jacques Le Magnen . La spiegazione, con tanto di test, è arrivata però, a inizio anni 80, per mano della ricercatrice Barbara Rolls, docente di Scienze della Nutrizione alla Pennsylvania State University.

(https://www.researchgate.net/publication/247357258_Jacques_Le_Magnen)

La scoperta davanti a un banchetto

Nel 1981, la Rolls condusse un esperimento invitando un gruppo di volontari a un
banchetto con 8 alimenti differenti divisi in piccole porzioni. Per ognuno di loro la
pietanza ritenuto favorita dopo l’assaggio venne riproposta a pranzo in maggiore
quantità, fino a far sentire le “cavie” sazie. Dopo qualche ora, venne riallestito il
buffet con gli 8 cibi iniziali con una sensazionale scoperta: questa volta, infatti, il
gradimento verso il prescelto era calato notevolmente.

L’uomo per natura deve mangiare cibi sempre diversi

L’esperimento ha svelato un insegnamento appreso dal nostro organismo in anni di
evoluzione. È il nostro appetito che seleziona cosa mangiare per sopravvivere
meglio, evitando di assumere di continuo gli stessi alimenti in favore di una dieta sana. Un istinto naturale (quello della preservazione) che ci porta ad adottare
un’alimentazione più varia, con una maggiore quantità di nutrienti.

L’importante non è quanto mangi ma quello che mangi

Questo ricordo primordiale prende il nome di “sazietà sensoriale specifica”. E
funziona anche al contrario. Il declino del piacere che proviamo per una pietanza
mangiata di continuo riguarda, infatti, solo gli alimenti con proprietà percettive simili,
mentre il desiderio verso un altro, con caratteristiche di aroma e gusto differenti,
resta comunque allettante. Se, quindi, dopo un’intera cena a base di alimenti
“salati” arriva un dolce sarà il nostro subconscio a rispondere (di sì) per noi.

La stessa regola vale per il buffet

La spiegazione scientifica riesce a farci comprendere meglio la nostra attitudine
davanti a un buffet. Davanti a tanta scelta, il cervello cerca di accaparrarsi non più
pietanze possibili, ma tanti alimenti, magari anche solo una porzione, di diverso
tipo. Viene offerta la pizza? Ne prenderemo più fette di due specialità differenti. Con
il risultato di riempire completamente il piatto, grande o piccolo che sia e una
immediata soddisfazione per il bottino “trovato” ma soprattutto oltrepassando il
limite di sazietà senza nemmeno accorgercene.

Il dessert a fine cena fa ingrassare?

Ora sappiamo per quale motivo se l’ultima portata non fosse il dessert, faremmo di
sicuro più fatica a rinunciarci. Posto quindi che non è una “scelta” nostra, un dolce
di sera fa ingrassare? Tutto dipende da quante calorie si ingeriscono nel corso della
giornata. È ovvio che non avremo tempo di smaltire quello si mangia a fine
giornata, ma il colpevole non è di certo solo il finale.

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